Il 21 agosto 2013, un attacco chimico, effettuato con sarin o un simile gas nervino, colpì i quartieri di Damasco di Ghouta est e ovest controllati dall’opposizione, uccidendo più di 1400 persone – sopratutto civili, incluso un gran numero di bambini. Le prove a disposizione suggeriscono chiaramente che a compiere l’attacco furono le forze del Presidente Assad, sebbene il Governo siriano abbia sempre negato la propria responsabilità.
Questo tremendo evento ha provocato urla di protesta in tutto il mondo e ha indotto all’adozione all’unanimità, il 27 settembre 2013, della Risoluzione 2118 del Consiglio di Sicurezza, che chiedeva l’eliminazione del programma di armi chimiche siriano. Successivamente, sotto la pressione internazionale, la Repubblica Araba Siriana ha acconsentito ad unirsi alla Convenzione sulle armi chimiche (CAC) e ha accetatto un piano per distruggere le proprie armi chimiche sotto la supervisione dell’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (OPAC), l’organo di implementazione della CAC. Il 19 agosto 2014, l’OPAC ha annunciato la completa rimozione e distruzione delle più letali armi chimiche dichiarate in possesso del regime siriano.
Dichiarazione di Alison Smith, Consigliere Legale e Direttore del Programma sulla Giustizia Penale Internazionale di Non c’è Pace Senza Giustizia:
“Mentre il popolo siriano ricorda il primo anniversario degli attacchi chimici a Ghouta, Non c’è Pace Senza Giustizia e il Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito piangono le vittime e continuano a chiedere giustizia e provvedimenti per questo vergognoso crimine, che risalta tra i molteplici orrori inflitti ai civili sin dall’inizio del conflitto che continua a devastare la Siria.
“Mentre i leaders mondiali celebrano l’annuncio, da parte dell’OPAC, della distruzione dell’arsenale di armi chimiche dichiarato dal regime siriano, noi possiamo soltanto lamentare profondamente che fino ad ora nessun passo significativo è stato intrapreso per attribuire le responsabilità di coloro che hanno ordinato ed eseguito il massacro di Ghouta. L’ostacolo persistente e vergognoso da parte di Russia e Cina, posto perfino alla risoluzione proposta dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU che avrebbe riferito la situazione della Siria alla Corte Penale Internazionale (CPI), ha ulteriormente impedito gli sforzi internazionali per attribuire la responsabilità per gli altri numerosi e orrendi crimini e abusi che sono stati commessi contro la popolazione civile in Siria.
“Negli ultimi tre anni, la Siria è stata testimone di crimini contro l’umanità, crimini di guerra e altre massicce violazioni dei diritti umani, che continuano a essere perpetuate con crescente frequenza e totale impunità. Dopo più di tre anni di conflitto, secondo le Nazioni Unite ben oltre 150 mila persone hanno perso la vita e quasi metà della popolazione è stata costretta a fuggire dalle proprie case. Peggio ancora, diverse indagini indipendenti hanno riportato che, lungo il corso di quest’anno e da quando la Siria ha firmato la Convenzione sulle armi chimiche, le forze del presidente Assad hanno usato altre sostanze tossiche, come il gas clorino, in attacchi sistematici in aree civili, in un’altra lampante violazione delle leggi umanitarie internazionali.
“Fino ad ora, la comunità internazionale è stata lenta nell’adempiere al suo obbligo di proteggere i civili e ha fallito nell’aiutare a reinstaurare la pace in Siria. Come noi abbiamo costantemente sostenuto fin dall’inizio del conflitto, sollecitare fermamente l’attribuzione delle responsabilità è l’unico strumento efficace per rompere il ciclo di violenza e terrore in Siria. È giunta ormai l’ora per la comunità internazionale di prestare attenzione alla richiesta da parte del popolo siriano di giustizia, libertà e protezione dei diritti umani e di supportare i loro sforzi, dopo 40 anni di dittatura, per fondare il futuro del loro paese sulla democrazia e sullo stato di diritto”.
Il progetto di NPSG sulla giustizia e sull’attribuzione della responsabilità in Siria
Il progetto di NPSG mira a ridurre l’aspettativa di impunità e a costruire una cultura della responsabilità. Lo scopo è attrezzare i cittadini a chiedere giustizia e attribuzione della responsabilità per le violazioni che avvengono quotidianamente da tre anni e, allo stesso tempo, di attrezzare giudici e avvocati a rispondere a tale domanda. Il pilastro del progetto è costituito da una serie di eventi di advocacy e corsi di formazione che si sono tenuti a Gaziantep, Turchia, vicino al confine siriano, con giudici, avvocati e attivisti della società civile provenienti dalla Siria che potranno riportare le competenze e (forse ancora più importante) il desiderio di giustizia nel contesto del loro lavoro in Siria. L’obiettivo a lungo termine di questo progetto è promuovere la democrazia e la protezione dei diritti umani incorporando giustizia e attribuzione delle responsabilità nel processo decisionale riguardante la risoluzione del conflitto e la pianificazione di stabilità, sviluppo e ricostruzione in Siria. L’obiettivo strategico del progetto è supportare la società civile siriana giocando un ruolo attivo su tematiche di giustizia e attribuzione di responsabilità, incluse attività di advocacy e di documentazione di violazioni dei diritti umani, come ricevere, riunire, raccogliere, confrontare, gestire e conservare in sicurezza informazioni, documenti e materiale e analizzarli allo scopo di ricostruire gli avvenimenti e i processi di decisione che hanno dato luogo alle violazioni delle leggi umanitarie internazionali e dei diritti umani in Siria fin da marzo 2011.
Per ulteriori informazioni, contattare Alison Smith all’indirizzo asmith@npwj.org o al numero +32-(0)2-548-3912 oppure Nicola Giovannini all’indirizzo ngiovannini@npwj.org o al numero +32-(0)2-548-3915.