Inal: ricordare il passato per costruire insieme un futuro migliore

Inal, Mauritania, 28 Novembre 2011


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il 28 Novembre rappresenta una data di fondamentale importanza per la storia della Mauritania: è infatti il giorno in cui si celebra l'indipendenza ottenuta dalla Francia nel 1960. Tuttavia, a questa giornata, solitamente caratterizzata da celebrazioni gioiose e festose, è legato un doloroso e terribile ricordo per gli abitanti di Inal (cittadina a 255 km a nord di Nouadhibou).
 
Ventuno annni fa, infatti, una giornata generalmente felice e serena, fu trasformata in un sanguinoso incubo: alle prime luci dell'alba 28 soldati mauritani furono impiccati appena fuori la città come sacrificio umano per “celebrare” il trentesimo anniversario dell'indipendenza. Era il 28 novembre 1990 e questo crimine fu solo l'ultimo atto di un lungo e sistematico processo di discriminazione e violenza perpetrati contro la popolazione nera che abita il Paese.
 
Cominciato con una serie di politiche messe in atto dalle autorità locali per privilegiare la cultura e la lingua araba ai danni della popolazione nera di origine africana, il processo di arabizzazione ha progressivamente pervaso tutti gli aspetti chiave della società civile mauritana, compresi il sistema educativo, la lingua (l'arabo ha soppiantato il francese come lingua nazionale), l'amministrazione della giustizia, le pratiche d'impiego e l'accesso a crediti e prestiti.
 
Nel 1983, per protestare contro questo continuo e progressivo processo di discriminazione e marginalizzazione, furono fondate le “FLAM-Forces de Libération Africaines de la Mauritanie” (Forze di Liberazione Africane della Mauritania). Immediatamente etichettate come fuorilegge, esse svilupparono una complessa organizzazione clandestina con sede a Dakar (Senegal) e nell'aprile 1986 i suoi membri pubblicarono un pamphlet di circa cinquanta pagine intitolato “Le Manifeste du Négro-Mauritanien Opprimé” (Il Manifesto del Mauritano Nero Oppresso), che documenta alcuni concreti esempi di discriminazione perpetrata contro i membri di questa parte della popolazione.1
 
La contrastante e problematica visione della società mauritana come nera o araba venne nuovamente alla luce nell'aprile 1989, quando una disputa a livello di confine tra Mauritania e Senegal provocò un'escalation di violenza, fino all'espulsione dal paese di centinaia di mauritani di etnia nero africana e la conseguente espropriazione delle loro terre.
 
Oltre all'espulsione forzata, numerosi abusi furono perpetrati ai danni della popolazione nera, dalla detenzione illegale precedente all'espulsione - forse la violazione più comune - a torture ed esecuzioni arbitrarie, passando attraverso interrogatori forzati e processi farsa. Le donne furono spesso soggette a violenze sessuali e stupri prima di essere espulse, soprattutto durante il periodo di detenzione. Durante le espulsioni, tutti i documenti d'identità vennero sistematicamente ritirati e distrutti.
 
Infine, nell'arco di due mesi, tra settembre 1990 e novembre 1990, circa tremila funzionari di etnia nero-africana legati all'esercito ed alla pubblica amministrazione vennero deposti, arrestati e deportati in alcune caserme trasformate in “campi di concentramento”, dove furono sottoposti ad abusi e torture di vario genere.
 
Queste politiche di discriminazione e violenza segnano ancora oggi la routine quotidina della popolazione locale. Ancora oggi, infatti, i principali ruoli all'interno della politica e della società sono ricorperti da persone provenienti dall'etnia dei Mori, l'arabo è la lingua nazionale e per la popolazione nera è molto difficile recarsi a scuola e accedere ai più alti livelli d'istruzione. Per fare un ulteriore esempio, basti considerare che solo tre dei trentaquattro ambasciatori mauritani presenti nel mondo provengono da un'etnia africana. Inoltre, sebbene nel 2007 il paese abbia adottato una legge che vieta la schiavitù, questa pratica esiste ancora ed è perpetrata molto frequentemente all'interno del Paese, soprattutto ai danni della popolazione di etnia aratina2. Per le associazioni locali opporsi a questo stato di cose risulta molto difficile - come dimostrano i recenti eventi di cronaca - a causa della mancanza di alcuni diritti e libertà fondamentali, compresi la libertà di associazione ed il diritto di manifestare, nonostante la Mauritania abbia ratificato alcune Convenzioni internazionali che dovrebbero assicurare il rispetto di tali diritti e libertà.3
 
Un ampio settore della società civile nega l'esistenza di tutti questi elementi, cosi come gli eventi del passato, che cataloga come risultato di “scontri interetnici” piuttosto che uccisioni e deportazioni sitematiche messe in atto dalle strutture dello Stato. Le correnti negazioniste hanno prodotto anche un vocabolario specifico per descrivere gli eventi, producendo certificati di “pensionamento” invece che certificati di morte e facendo riferimento ai soldati come “congedati” invece che uccisi.
 
Per tali ragioni, l'annuncio del 16 maggio 2011, con il quale un ampio gruppo di rappresentanti di diversi settori della società civile comunicava che una commemorazione - per ricordare l'uccisione dei 28 membri delle forze armate mauritane avvenuta a Inal trent'anni fa - avrebbe avuto luogo tra il 27 ed il 28 Novembnre 2011, ha provocato violente reazioni da parte di tali oppositori, che sostenevano che un evento di tale genere avrebbe potuto “creare divisioni” ed “aprire vecchie ferite”, “destabilizzando” il Paese.
 
Nonostante queste posizioni controverse, la commemorazione ha effettivamente avuto luogo come previsto il 28 novembre 2011 ed ha coinvolto circa duecento persone: non solo le vedove, i figli, gli amici ed i parenti delle vittime, ma anche attivisti per i diritti umani, giornalisti e membri della società civile.
 
Raggiungere Inal ha comportato alcune difficoltà, poiché durante il tragitto da Nouachkott (la capitale del paese) la carovana, formata da circa trenta veicoli, è stata fermata dalla polizia ed i suoi membri sono stati perquisiti. Tale atto ha generato alcuni scontri, durante i quali un manifestante ha perduto una mano in seguito allo scoppio di una granata.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Una volta arrivati a destinazione, i rappresentanti di alcune delle associazioni del comitato preparativo dell'evento hanno eretto una stele sulla fossa comune che contiene i corpi dei 28 ufficiali e sottoufficiali ed hanno poi letto il Corano, visitato i luoghi del massacro, raccolto e condiviso diverse testimonianze.
 
Biram Ould Dah Ould Abeid, presidente dell'associazione IRA-Mauritania ha ricordato che “I ventotto ufficiali e sottoufficiali vennero uccisi trent'anni fa per la sola ragione di essere neri e appartenere all'etnia peuls.” Egli ha inoltre evidenziato come il campo militare dove essi furono detenuti e torturati è stato distrutto per far scomparire ogni prova dei loro corpi ed oggi è stato transformato in campo da calcio.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Anche Mahammadou Sy, vittima lui stesso ed autore del libro “L'inferno di Inal”, che racconta la sua storia e gli eventi accaduti tra il 1989 ed il 1990, ha affermato che questa commemorazione ha costituito solo una prima vittoria e che spera in futuro di esser testimone diretto di altre vittorie ancora più importanti per ristabilire la giustizia all'interno del paese. E proprio ricordando questo libro e la sua personale esperienza, ha poi affermato che la sua gioia è stata solo parziale perché tutte le scene a cui ha asssistito trent'anni fa gli sono tornate alla memoria. Tuttavia, ha provato grande felicità nel vedere insieme persone appartenenti alle diverse etnie che abitano il paese, mori, aratini, halpoulars, soninkés e wolofs, perché questo significa che insieme è possibile costruire qualcosa e contribuire ad apportare un cambiamento reale ed efficace. Vari discorsi hanno poi sottolineato l'importanza che i responsabili dei crimini accaduti trent'anni fa, i cui nomi e le cui identità sono ben conosciuti dalle autorità, siano condotti davanti alla giustizia e sottoposti ad equo e giusto processo, invece di continuare ad occupare posizioni chiave all'interno delle elite politiche e militari del paese.
 
Alcuni tentativi per ottenere giustizia sono già stati fatti. Il primo nel 1995, quando venne depositata un'accusa contro Ould Boïlil, comandante della prima legione militare (di cui Inal era parte) che si trovava a Parigi, ma è riuscito a fuggire prima dell'inizio del processo. Il secondo tentativo risale al 1999 quando il capitano dell'esercito Ely Ould Dah (responsabile di numerose uccisioni), che si trovava anch'egli in Francia, è stato processato e condannato a dieci anni di reclusione, ma è scappato prima che la pena potesse essere applicata.
 
Ripristinare la giustizia e cambiare lo status quo, combattendo con risolutezza contro discriminazione, impunità e abusi, sono aspetti prioritari per assicurare un futuro migliore alla Mauritania ed ai suoi abitanti. L'istituzione di una commissione indipendente per indagare sui crimini commessi e sui responsabili faciliterebbe il raggiungimento di tale obiettivo e aiuterebbe a rimuovere tali persone dalle posizioni che ancora occupano in campo politico, economico e sociale.
 
La celebrazione funebre che ha avuto luogo ad Inal è stato un primo passo lungo tale cammino e, anche se la strada è ancora lunga, ha segnato l'inizio di un nuovo viaggio che comincia ora.
  
 
 
 
 

 

1 Il testo completo del documento è consultatbile al sito: http://www.flamnet.info/index.php?option=com_content&view=article&id=90%3Ale-manifeste-du-negro-mauritanien-opprime-fevrier-1966-avril-1986-&catid=37%3Apublications&Itemid=1.

2Generalmente denominati “Arabi neri” essi tendono a distinguersi dai “neri africani” per sottolineare la loro affinità culturale con i “mori bianchi”. Nella maggior parte dei casi i loro antenati erano sfruttati come schiavi dai mori.

3Per esempio, il Patto Internazionale per i diritti civili e politici (ratificato nel 2004), la Convenzione contro la tortura ed altri trattamenti crudeli, disumani o degradanti, (ratificata nel 2004) o regionali, come il Protocollo della Carta Africana per i dirittid ei Popoli e degli individui (ratificata nel 2005).