Realpolitik e diritti umani: l’ora di scegliere. Il caso dei Xinjiang police files

30 Mag, 2022 | Comunicati Stampa

30 maggio 2022

La pubblicazione dei Xinjiang Police Files, oltre cinquemila fotografie e centinaia di migliaia di documenti hackerati dalla polizia della regione autonoma cinese mostra, al di là di ogni possibile contestazione, la sistematica volontà cinese di annientare e letteralmente cancellare la presenza della minoranza uigura, di religione musulmana, dal suo territorio per farne un paese etnicamente compatto. Una politica aberrante, non a caso qualificata da alcuni di vero e proprio genocidio, ma sin qui largamente tollerata, con alcuni distinguo, dalla comunità internazionale, piuttosto sorda agli appelli lanciati dai leader uiguri e ripresi da gruppi e associazioni come Non c’è Pace Senza Giustizia, senza dimenticare l’attenzione che Marco Pannella e i radicali hanno da sempre riservato alla causa del popolo uiguro.

Le nuove rivelazioni sono senza appello: in certe province la percentuale di adulti incarcerati è superiore alle medie delle purghe staliniane. Il fatto è così enorme che qualche voce autorevole comincia a levarsi contro una politica troppo accondiscendente verso la Cina seguita da tanti paesi membri dell’Unione europea, Germania in testa. Il ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner, ha denunciato “l’enorme dipendenza dell’economia tedesca dal mercato cinese” chiedendo di “differenziare le nostre relazioni commerciali” per privilegiare i rapporti con gli Stati Uniti e con il Canada. “Le immagini degli Xinjiang Police Files sono scioccanti. Una cosa è certa: dobbiamo parlare con i funzionari cinesi della situazione dei diritti umani in ogni occasione. E una cosa è chiara: non ci devono essere cedimenti basati dei nostri interessi economici”, ha proseguito. E’ indubbio in effetti che negli ultimi anni la politica della Germania abbia privilegiato le relazioni economiche con la Cina da un lato e con la Russia all’altro, mettendo la sordina ad una valutazione globale della situazione paese e agli interessi strategici globali. Se la presa di posizione di Lindner preannuncia l’intenzione di una parte della classe dirigente tedesca di procedere a un graduale disaccoppiamento economico della Cina, nel momento in cui la Cina sta procedendo a un disaccoppiamento economico e strategico dall’occidente, questo non può che essere un segnale positivo per tutta l’Unione europea, come dimostra peraltro lo stallo del processo di ratifica dell’accordo sugli investimenti tra l’UE e la Cina fortissimamente voluto da Angela Merkel con l’obiettivo di facilitare ulteriormente l’accesso delle imprese tedesche in particolare all’enorme mercato cinese.

Anche l’Unione europea in quanto tale ha dovuto reagire alle nuove rivelazioni. Ma è interessante sottolineare quanto ha dichiarato la portavoce della Commissione, Nabila Massrali: “i documenti trapelati contengono nuove prove dall’interno sulle violazioni dei diritti umani nel Xinjiang, che verrebbero perpetrate a tutti i livelli amministrativi: dai principali funzionari, da unità speciali di polizia e da gruppi speciali delle forze armate. Si aggiungono all’insieme di prove esistenti sulle vergognose violazioni dei diritti umani, come l’esistenza di un’ampia rete di campi di rieducazione politica, le estese misure di sorveglianza e tracciamento, le limitazioni sistemiche all’esercizio delle libertà fondamentali – incluse quelle di credo e religione, l’uso di politiche di lavoro forzato, sterilizzazione forzata, controllo delle nascite e di separazione familiare, e di violenze sessuali e di genere”. Tranne il termine “vergognose”, null’altro: si prende atto di quando “starebbe accadendo”, in attesa di ulteriori indicazioni, atteggiamento comprensibile per una portavoce, meno per un esecutivo europeo ed un insieme di paesi che dovrebbero rispondere con ben altra determinazione a questa ulteriore prova che è tempo che la realpolitik lasci il passo alla fissazione di paletti molto fermi in materia di relazioni internazionali. Basti vedere dove ci ha portato la dipendenza energetica dalla Russia di Putin, e per la quale abbiamo sacrificato la difesa dei diritti umani e politici conculcati in patria e nel resto del mondo dal regime dell’autocrate russo che ci siamo illusi di blandire e a cui molti sembrano pronti a riconoscere un ulteriore “diritto di conquista” in Ucraina.  “Assolutamente no al decoupling” Dombrovskis ci ha risposto in modo più ambiguo. “Le relazioni tra Ue e Cina sono molto complessa. Abbiamo avuto recentemente un summit complicato Ue-Cina. Dobbiamo fare i conti con il fatto che la Cina sta prendendo una posizione ambigua sull’aggressione della Russia in Ucraina. Ma ci sono aree in cui dobbiamo cooperare con la Cina, quando dobbiamo affrontare sfide globali come il cambiamento climatico” o “la riforma dell’Organizzazione mondiale del commercio”. Dombrovskis ha confermato che a settembre la Commissione presenterà una proposta legislative per vietare le importazioni nel mercato unico di merci prodotte con il lavoro forzato. Nel mirino c’è il trattamento degli uiguri nello Xinjiang. Da quel che abbiamo capito, complice la guerra della Russia contro l’Ucraina, il tabù della Commissione sul disaccoppiamento dalla Cina sta cadendo.

Il secondo messaggio che si può leggere nelle righe del tweet di Lindner è la volontà della Germania di rilanciare il progetto del Transatlantic Trade and Investment Partnership: l’accordo di libero scambio Ttip tra Ue e Stati Uniti che si è cercato di negoziare fino all’arrivo di Donald Trump, ma che era già in difficoltà anche prima per le reticenze di alcuni governi europei e la contrarietà di diversi movimenti sociali. Dentro la Commissione c’è un gruppo di commissari che vorrebbe resuscitare il progetto (anche se cambiandogli il nome). Ma con le elezioni presidenziali in Francia non era possibile. Ma l’embrione di un futuro Ttip potrebbe essere il Consiglio tecnologia e commercio che l’Ue ha messo in piedi con l’Amministrazione Biden. Questo organismo, composto da decine di gruppi di lavoro, si è riunito due volte per risolvere dispute commerciali e coordinare la politica transatlantica in risposta ai comportamenti predatori della Cina. Il Consiglio tecnologia e commercio ora si sta concentrando sulla Russia ed è stato particolarmente utile per coordinare le sanzioni occidentali. Alcuni ritengono che tornerà alla sua funzione originaria per contenere le ambizioni economiche di Pechino. Altri pensano che, se l’Amministrazione Biden starà al gioco, potrebbe servire a resuscitare il Ttip.

A spingere per un riaccoppiamento economico delle democrazie transatlantiche è anche il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, traendo le lezioni dalla guerra russa “Abbiamo lavorato sodo per creare un’economia globale, ma dobbiamo capire che la libertà è più importante del libero commercio e che la protezione dei valori è più importante”“I documenti trapelati contengono nuove prove dall’interno sulle violazioni dei diritti umani nel Xinjiang, che verrebbero perpetrate a tutti i livelli amministrativi: dai principali funzionari, da unità speciali di polizia e da gruppi speciali delle forze armate”, ha dichiarato a Eunews Nabila Massrali, portavoce della Commissione Europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza. “Si aggiungono all’insieme di prove esistenti sulle vergognose violazioni dei diritti umani – ha proseguito la portavoce – come l’esistenza di un’ampia rete di campi di rieducazione politica, le estese misure di sorveglianza e tracciamento, le limitazioni sistemiche all’esercizio delle libertà fondamentali – incluse quelle di credo e religione, l’uso di politiche di lavoro forzato, sterilizzazione forzata, controllo delle nascite e di separazione familiare, e di violenze sessuali e di genere”.

Anche l’eurodeputato tedesco Reinhard Bütikofer (Verdi europei), a capo della delegazione per le relazioni con la Repubblica Popolare cinese e sanzionato da Pechino ha commentato i Xinjiang Police Files con un tweet: “I fatti parlano chiaro. La Cina commette crimini contro i diritti umani, contro gli uiguri e altre minoranze musulmane”. Ha aggiunto: “La chiarezza con cui von der Leyen e Michel hanno sollevato le questioni relative ai diritti umani al vertice UE-Cina di aprile necessita del sostegno chiaro e unanime di tutti i 27 governi dell’Unione. Ciò deve includere la volontà di accettare ulteriori sanzioni appropriate” ha detto ieri Stoltenberg al Forum economico mondiale di Davos: “Non dobbiamo barattare la sicurezza di lungo termine con vantaggi economici di breve respiro, sia che si tratti della dipendenza dagli idrocarburi o dell’export dell’Intelligenza artificiale. Questo vale per la Russia ma anche per la Cina, regimi autoritari che non condividono i nostri valori”.