È il mese di Ramadam in Libia e la città di Tripoli si è trasformata. Il traffico ed il rumore che di solito caratterizzano le ore del giorno sono spariti e la miriade di cafés pavimentati, che sono spuntati come funghi all’indomani della rivoluzione hanno chiuso le loro imposte e sospeso i loro fiorenti commerci in dolci cappuccini. Solo dopo il tramonto la città torna di nuovo alla vita.
È stato proprio durante le lunghe notti di Ramadam dello scorso anno che Tripoli ha sentito di poter condurre a termine con successo i suoi sforzi di incalzare Gheddafi dalla sua capitale e dalle tentacolari fortificazioni materiali che dominano gran parte della città. Molti speravano che la vittoria sarebbe arrivata in tempo per la festa di Eid. Alla fine essa è arrivata anche prima, quando, nel ventesimo giorni del mese di Ramadam, un convoglio di rivoluzionari dall’autostrada costiera è penetrato, senza quasi incontrare resistenza, in quella che fino ad allora era conosciuta come “Piazza dei Martiri” al centro del cuore pulsante di Tripoli.
Il ventesimo giorno del mese di Ramadam di quest’anno Tripoli ha celebrato l’anniversario di quello che molti considerano ora come “il giorno della loro liberazione”. Ancora una volta Piazza dei Martiri è stata al centro delle celebrazioni. Ho attraversato la piazza con Mohammed e Mahmoud mentre i festeggiamenti si mettevano in moto, seguendo al rottura del digiuno e le preghiere serali. La realtà post-rivoluzionaria della Libia sta diventando via via più complicata e gran parte di questa complessità era messa chiaramente in mostra nella piazza quella notte.
Sotto molti punti di vista, le condizioni di vita in Libia sono chiaramente migliorate. “Non portiamo armi durante Ramadam” implora una pubblicità che passa spesso nella radio locale ed il messaggio sembra essere passato. Ci sono molte meno armi ora di quante ce n’erano solo pochi mesi fa. Anche i posti di blocco nelle starde principali sono diminuiti e, mentre i festeggiamenti si vanno progressivamente sviluppando, la Piazza dei mariti si è riempita di famiglie piene di zucchero filato e popcorn invece che di esperti combattenti. Anche la campagna di sensibilizzazione rivolta al pubblico che invita a porre fine ai colpi di pistola celebrativi sembra aver avuto un certo successo, considerato che sono i fuochi d’artificio oggi ad produrre la maggior parte del rumore e del divertimento.
Al tempo stesso vi è tuttavia una preoccupazione crescente riguardo alla criminalità organizzata ed alla violenza. Un campagna violenta e sostenuta contro la Croce Rossa Internazionale ha recentemente obbligato quest’organismo a sospendere operazioni umanitarie di vitale importanza sia a Bengazi sia a Misurata, ed una campagna di eliminazione sistematica contro i membri delle forze aramate di Gheddafi ha causato un sostenuto numero di morti a Benghazi. A Tripoli circolano anche storie di bande organizzate di ladri d’auto che puntano alcuni modelli particolari, ed alla veglia della festa di Eid due esplosioni mortali hanno colpito obiettivi militari nel cuore della città. Lo stato di diritto deve chiaramente essere ripristinato all’interno del paese, e, come hanno dimostrato anche altre società in via di transizione, soprattutto nei Balcani, è in questo genere di ambienti che la criminalità organizzata può facilmente fiorire.
Mentre camminavamo attraverso Piazza dei Martiri quella notte, muovendoci a zig zag tra larghi striscioni, tappeti elastici per bambini e venditori di una varietà infinita di souvenir degli stessi colori della nuova bandiera libica, il clima generale era senza dubbio di ottimismo. Un coro di bambini ha eseguito l’inno nazionale che Gheddafi aveva posto al bando in passato ed icone della rivoluzione hanno condiviso le loro storie di guerra con la folla che le aveva già ascoltato tutte prima, ma era entusiasta di poterle rivivere ancora una volta. In un angolo della piazza una campagna di solidarietà promette ai siriani di condividere la loro pace ritrovata e li incoraggia a tenere duro nella loro lotta.
Tuttavia, mentre prendeva parte ai festeggiamenti, Mahmoud indossava una maglierra con al foro di suo cugino. Suo cugiono è uno dei tanti giovani uccisi durante la rivoluzione, che sono stati ricordati da una veglia di riconciliazione a lume di candela organizzata vicino alla piazza. La maglietta di Mahmoud ricorda che il successo della Libia non è stato ottenuto a basso prezzo. In centinaia sono stati uccisi, le principlai città hanno subito gravi danni e molte communità restano profondamente divise. Coloro che lottarono per Gheddafi si stanno, ovviamente, battendo per per trovare ora un loro posto nella nuova Libia. Tuttavia, ci sono anche storie di famiglie, che per il semplice fatto di aver dato da mangiare ai combattenti non sono più state accolte nelle loro comunità originarie, poiché sono percepite da qualcuno some se le avessero abbandonate.
Sistematici sforzi per affrontare i crimini commessi sotto il regime di Geddhafi come durante la rivoluzione stessa, fanno molta fatica a svilupparsi. Il sistema giuridico si trova davanti ad un numero esorbitante di casi e pochi sforzi sono compiuti per dare priorità e sitematicità al suo lavoro. Gli sforzi sono ulteriormente ostacolati dal fatto che il governo non ha sotto custodia tutti gli accusati ma molti sono ancora detenuti dalle brigate rivoluzionarie che li hanno arrestaiti molti mesi fa. Ancopra più importante, tuttavia, poco è stato fatto per coinvolgere il pubblico in una discussione significativa su quale debbano essere le priorità della transizione democratica della Libia e ancora meno per esplorare la possibilità di utilizzare altri meccanismi che possano completare e sostenere il lavoro della magistratura sovraccaricata.
La società civile libica resta energica e vibrante, ma molti sono via via più impazienti di vedere progressi lampanti che facciano seguito alla rivoluzione. La ventesima notte del mese di ramadam è stata dunque celebrata anche per un’altra ragione. Poco più a sud di Piazza dei Martiri, nello stesso hotel in cui poco più di un anno prima Saif al-Islam Geddhafi fece una delle sue ultime provocatorie apparizioni pubbliche come uomo libero, e dove, nel marzo 2011 ha fatto irruzione la coraggiosa Iman al-Obeidi per raccontare all stampa internazionale il violento stupro subito dalle forze di Gheddafi, la Libia è stata testimone della sua prima transizione democratica di potere della sua storia moderna.
Il Consiglio di Transizione Nazionale, il corpo che ha guidato la Libia a partire dalla sua rivoluzione, si è sciolto, trasferendo i suoi poteri ad un consiglio nazionale appena eletto. Il pacifico trasferimento di poteri ha sicuramente meritato una sua propria celebrazione, ma molti stavano senza dubbio festeggiando anche la fine di un corpo di transizione nei confronti del quale sono progressivamente aumentate le frustrazioni. Il compito principale della nuova assemblea nazionale sarà nominare un comitato di 60 membri che fungerà da supervisore nella stesura della bozza di una nuova costituzione, prima di aprire anch’esso la strada a nuove elezioni.
C’è grande interesse ed entusiasmo attorno al nuovo governo eletto, ma anche un chiaro desiderio di assicurare che esso sia controllato da vicino e reso responsabile per il suo lavoro. Si guardano e discutono dibattiti televisivi e alcuni stanno già domandando se la bozza di costituzione sarà davvero risultato di quello sforzo di collaborazione che essi hanno sperato. La continua assenza di mezzi di comunicazione professionali ed indipendenti significa che gran parte di questa responsabilità cadrà sulla società civile.
Solo un anno è trascorso da quando i rivoluzionari sono entrati in Piazza dei Martiri e molto meno di un anno da quando i combattimenti sono terminati in altre parti del paese. La Libia si sta avviando verso un difficile periodo di transizione, ma ci sono un gran numero di segnali positivi che fanno optare per un cauto ottimismo. Il relativo successo delle elezioni e trasferimento di poteri ha ispirato molti libici e se questo momento storico sarà sostenuto in maniera da coinvolgere ed indirizzare gli interessi di coloro che festeggiavano in Piazza dei Martiri quella notte, la Libia avrà molte risorse su cui contare nel processo di ricostruzione di se stessa e nell’affrontare le numerose sfide che si trova ancora davanti.
* Michael Gibb è il Coordinatore del progetto in Libia di NPSG ed è attualmente a Tripoli. Traduzione di Eugenia Lalario.