Il 29 dicembre 2014, un tribunale penale del Bahrein ha condannato a morte Mohammed Ramadan e Husain Ali Moosa per il loro presunto coinvolgimento in un attacco bomba nel febbraio 2014. Entrambi gli imputati affermano che le autorità li hanno torturati per indurli a confessare il crimine. Secondo Moosa, le autorità lo hanno appeso al soffitto per tre giorni, lo hanno picchiato e in diverse occasioni minacciato di fare del male ai suoi familiari. Ramadan sarebbe stato arrestato senza un mandato e violentemente picchiato sulle parti più sensibili del suo corpo fino a che non ha accettato di confessare. Entrambi hanno successivamente avuto la propria pena confermata dalla Corte di Cassazione il 16 novembre 2015, nonostante avessero ritrattato le loro confessioni e ribadito di aver confessato sotto tortura. Le loro accuse non hanno provocato alcuna indagine. Ramadan e Moosa sono solo due dei nove individui nel braccio della morte in Bahrain e sono i primi ad essere stati condannati a morte dal 2011.
Siamo preoccupati per la regressione del Bahrein verso la pratica della pena di morte. Siamo anche preoccupati per le notizie relative alle persone nel braccio della morte a cui sono stati negati i diritti fondamentali ad un equo processo, e che sono stati sottoposti a gravi torture durante la detenzione e gli interrogatori. Tali pratiche hanno afflitto il sistema giudiziario del Bahrain dal 2011, come documentato dalla Commissione Indipendente d’Inchiesta del Bahrain. E’ spaventoso che queste pratiche siano continuate in modo sistematico e su larga scala nonostante le numerose promesse di riforme.
All’inizio di quest’anno, cinque esperti di diritti umani delle Nazioni Unite, tra cui il Relatore Speciale sulla Tortura, hanno espresso gravi preoccupazioni che sia Ramadan e Moosa avessero confessato sotto costrizione. L’Unione europea ha riscontrato che l’uso della pena di morte in Bahrein si è esteso ai casi motivati politicamente in una risoluzione d’urgenza durante l’estate, e ha chiesto al Bahrain di ratificare e attuare immediatamente i trattati internazionali che vietano l’uso della pena di morte. Accogliamo e ci uniamo a queste rischieste.
Come Stato firmatario della Convenzione internazionale per i Diritti Civili e Politici (ICCPR), il Bahrain dovrebbe garantire che la pena di morte sia comminata solo per i reati più gravi e in virtù di una sentenza definitiva pronunciata da un tribunale competente. La ICCPR garantisce inoltre che le norme sul giusto processo siano applicate, tra cui il divieto assoluto dell’uso della tortura.
Condanniamo la pratica della pena capitale in Bahrain, e chiediamo al governo di commutare immediatamente tutte le condanne a morte. Chiediamo anche di indagare su tutte le denunce di tortura da parte dei condannati a morte, e di annullare tutte le condanne fatte sulla base di confessioni ottenute attraverso la tortura. Infine, invitiamo il Bahrain a imporre nuovamente una moratoria sulla pena di morte orientata verso l’abolizione di questa pratica.
- ACAT – Action des chrétiens pour l’abolition de la torture
- Americans for Democracy and Human Rights in Bahrain (ADHRB)
- Bahrain Center for Human Rights (BCHR)
- Bahrain Human Rights Society (BHRS)
- Bahrain Institute for Rights and Democracy (BIRD)
- Center for Civil and Political Rights (CCPR)
- Center for Constitutional Rights (NY, US)
- Center for Prisoners’ Rights (CPR)
- European Bahraini Organisation for Human Rights (EBOHR)
- European Centre for Democracy and Human Rights (ECDHR)
- Nessuno Tocchi Caino / Hands Off Cain
- International Federation for Human Rights (FIDH)
- Le Centre d’Observation des Droits de l’Homme et d’Assistance Sociale (CODHAS)
- Non c’è Pace Senza Giustizia / No Peace Without Justice
- Palestinian Centre for Human Rights
- Reprieve
- Sentinel HRD
- World Coalition Against the Death Penalty (alliance of more than 150 NGOs, bar associations, local authorities and unions)
- Scarica la dichiarazione (in inglese)