Emma Bonino, Roma-Bruxelles, 21 marzo 2019
Dichiarazione di Emma Bonino, fondatrice di Non c’è pace Senza Giustizia:
« Già nel 1993, il Partito Radicale e Non c’è Pace Senza Giustizia, che ho fondato proprio quell’anno per promuovere l’istituzione di tribunali internazionali, iniziarono una campagna diretta al governo dell’Unione Europea per agire con fermezza contro il regime al potere a Belgrado, raccogliendo più di 200,000 firme in un appello che chiedeva la condanna del presidente Slobodan Milosevic. Solo due anni più tardi, il mondo assisteva inorridito al genocidio di Srebrenica. Migliaia di uomini e ragazzi bosniaci musulmani venivano massacrati, e le loro famiglie e i loro amici assistevano impotenti; la comunità internazionale all’apparenza pronta ad intervenire, non aveva il potere di fermare le violenze. Fra quelli che organizzarono questa campagna di odio c’era Ratko Mladic, condannato all’ergastolo nel 2017, e Radovan Karadzic, condannato prima a 40 anni di carcere e, ieri, all’ergastolo dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia, in uno dei suoi ultimi pronunciamenti.
Ma in questa giornata non sono gli imputati a dover essere ricordati; in questo giorno sono le vittime che dovremmo ricordare. Quelli che morirono durante quegli 11 caldi giorni nel luglio 1995; chi fu stuprato e torturato; chi fu deportato; e coloro i quali hanno sofferto per i decenni successivi, interrogandosi su cosa era successo ai loro cari, cercando giustizia e provando a ricostruire le loro vite dalle ceneri. Come ha avuto tragicamente occasione di dire la prima ministra della Nuova Zelanda Jacinda Ardem, ‘Vi imploro di pronunciare i nomi di chi è scomparso piuttosto del nome dell’ uomo che li ha uccisi.. Lui è un criminale… quando parlo lui sarà senza nome’. Possiamo imparare molto da queste parole: chi ha architettato il genocidio di Srebrenica forse non cercava la notorietà allo stesso modo della persona responsabile del massacro di Christchurch, ma loro cercavano un mondo pulito dagli ‘indesiderabili’ nel quale loro, e quelli come loro, governerebbero supremi.
Non dobbiamo lasciare che regnino supremi nei nostri ricordi quando pensiamo a Srebrenica. Invece di intravedere i loro volti, dovremmo poter riuscire a vedere le migliaia di nomi iscritti sul muro della memoria presso il memoriale del cimitero di Srebrenica, per vedere i volti di tutti coloro i quali hanno sofferto e sono morti per mano loro. Oggi, giorno in cui il valore di queste vittime è stato onorato grazie all’innalzamento della pena da 40 anni all’ergastolo, dovremmo rendere omaggio alla loro memoria e provare ad imparare da ciò che è stato loro perpetrato. Come disse Bill Clinton, “Spero che la sola menzione del nome ‘Srebrenica’ possa ricordare ad ogni bambino nel mondo che l’orgoglio per la nostra eredità religiosa e etnica non costituisca mai un elemento che permetta di compiere atti disumani o uccidere chiunque sia diverso. Spero e prego che Srebrenica rimanga per il mondo intero il promemoria della nostra comune umanità”.
La sola cosa che questo particolare imputato, e altri criminali come lui, dovrebbero apprendere dal canto del cigno del Tribunale Penale Internazionale per l’ex Jugoslavia è questa: gli ingranaggi della giustizia possono macinare lentamente, ma alla fine giungono ad un risultato. È sfuggito alla giustizia per più di 10 anni: più di quanto alcune sue vittime abbiano potuto vivere; ci sono voluti altri 11 anni per raggiungere la pronuncia finale per la sua condanna. Non è stato in grado di fuggire dalla giustizia, né riusciranno gli altri che, come lui, hanno scavalcato la legge creando nuove generazioni di vittime e di sofferenza.
Oggi, la giustizia internazionale potrebbe stare vivendo uno dei punti più bassi, con gli attacchi politici che le vengono rivolti e che acquistano forza, ivi incluso quello da parte degli Stati Uniti con l’annuncio di ritorsione avverso lo staff della Corte Penale Internazionale e i suoi ufficiali lo scorso venerdì. La legge ha una memoria lunga e la giustizia internazionale oscillerà di nuovo con tutta la propria forza, con il fermo supporto mostrato dagli Stati Membri dell’Unione Europea e dagli altri membri della comunità internazionale in risposta alle azioni dello scorso venerdì. Orbene, giustizia può essere fatta e la storia si innalzerà a sostegno delle vittime di questi agghiaccianti crimini, come oggi accade accanto alle migliaia di vittime del genocidio di Srebrenica ».
Per ulteriori informazioni, contattare: Alison Smith (Director of International Criminal Justice Program) all’indirizzo e-mail asmith@npwj.org oppure Nicola Giovannini (Press & Public Affairs Coordinator) all’indirizzo ngiovannini@npwj.org