Oggi ricorre il 25mo anniversario del mortale attacco chimico dell’ex dittatore iracheno Saddam Hussein sulla città curda di Halabja. Il 16 marzo 1988, elicotteri e aerei da guerra del governo iracheno hanno lanciato iprite e gas nervini su Halabja causando la morte di almeno 5000 civili e lesioni ad altri 10.000 circa. È stato uno dei massacri più infami della campagna “Anfal”di Saddam Hussein condotta tra il 1986 e il 1989 contro la popolazione a predominanza curda del nord dell’Iraq. La Campagna Anfal ha comportato lo sfollamento forzato, bombardamenti aerei, attacchi chimici, campi di internamento, torture, esecuzioni extragiudiziali e fosse comuni.
Dichiarazione di Niccolò Figà-Talamanca, Segretario Generale di Non c’è Pace Senza Giustizia:
“Mentre il mondo ricorda la tragica eredità di Halabja, Non c’è Pace Senza Giustizia è onorata di unirsi alle vittime di questo terribile massacro che faceva parte di una grande campagna progettata dal regime Ba’athi per sterminare sistematicamente i curdi dall’Iraq. Riteniamo che il primo passo per un risarcimento delle vittime e dei sopravvissuti debba passare attraverso l’accettazione e il riconoscimento che la loro sofferenza non è il risultato di una calamità naturale, ma di una politica deliberata per conquistare e mantenere il potere attraverso attacchi diffusi e sistematici contro una popolazione civile da parte del precedente regime.
“Nel 2008 il Consiglio Presidenziale Iracheno ha approvato la Risoluzione 26 ratificando una risoluzione parlamentare che condanna le operazioni Anfal attuate dalle forze irachene durante l’assolutismo di Saddam Hussein come un atto di genocidio contro il popolo curdo, seguita da una delibera analoga da parte del Supremo Tribunale Penale iracheno nel 2010. Cinque anni dopo, il movimento per riconoscere le esazioni perpetrate contro i curdi iracheni, quali ad esempio il genocidio, si è finalmente affermato sulla scena internazionale. Diversi paesi, tra cui il Canada, la Norvegia, la Svezia e il Regno Regno, hanno già iniziato a sostenere l’iniziativa attraverso i loro parlamenti.
“Facciamo appello a tutti gli Stati, ma anche all’Unione Europea e alle Nazioni Unite, ad adottare misure simili per integrare e rafforzare questi segnali importanti di riconoscimento politico. Lo dobbiamo alle vittime e ai sopravvissuti e lo dobbiamo al futuro del Kurdistan, così che questi eventi e le responsabilità siano formalmente, giuridicamente e universalmente riconosciuti in modo che una storia condivisa del passato possa essere un forte scudo contro la ripetizione di tali atrocità, e in modo che alla frase troppo spesso usata “mai più” si possa dare un significato concreto.
“Chiediamo inoltre al Governo iracheno di aderire alla Corte Penale Internazionale (CPI) per dimostrare il suo impegno chiaro per la giustizia e lo Stato di diritto come pre-condizione per una pace sostenibile e segno di un ulteriore e significativo passo avanti negli sforzi della comunità internazionale per porre fine all’impunità per i crimini più gravi di diritto internazionale e per la difesa dei diritti umani fondamentali”.
Per maggiori informazioni contattare Nicola Giovannini ngiovannini@npwj.org o +32- (0) 2-548-3915.