Oggi viene a mancare una donna la cui vita ha incarnato campagne d’importanza capitale per l’affermazione del diritto e la conquista di spazi di libertà e di responsabilità individuali.
Simone Veil, che ha vissuto sulla propria pelle il dramma della Shoah, è stata una grande sostenitrice della lotta all’impunità e dell’istituzione della Corte Penale Internazionale, accettando nel 2008 di assumere la presidenza del fondo istituito dalla Corte e destinato alle vittime in contesti di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
Da ministro della Sanità ha dato vita alla riforma che ha condotto all’introduzione in Francia di una legge che depenalizzasse l’interruzione volontaria di gravidanza. Tutti ricordano con emozione le parole sulla drammaticità della scelta per una donna di ricorrere all’aborto, pronunciate il 26 novembre 1974 davanti a una Assemblea Nazionale costituita per la quasi totalità di uomini.
Infine, ma non per questo meno importante, l’Europa è stato un terreno d’impegno che ha coltivato durante tutta la sua carriera politica, non ultimo assumendo le funzioni di presidente del Parlamento europeo. Prima donna ad essere investita di tale responsabilità, usava ricordare come, guardando agli ultimi sessant’anni, l’Europa unita fosse quanto di meglio avessimo fatto.
Lotta per l’affermazione del diritto internazionale contro l’impunità, per i diritti di genere e la piena partecipazione delle donne alla vita civile, politica ed economica delle nostre società, per l’integrazione europea come strumento di prevenzione dei conflitti, Simone Veil è stata nel suo tempo un’interprete di altissimo valore delle principali lotte portate avanti dal Partito Radicale in Italia e nel mondo attraverso organizzazioni come Non c’è Pace Senza Giustizia. L’umanità intera le deve moltissimo.