È trascorso un anno dai tragici eventi del 7 di Ottobre e la reazione militare del tutto sproporzionata dell’esercito Israeliano, accompagnata da una violazione dei diritti umani senza precedenti descritta da esperti dell’ONU e da parecchie ONG come un “genocidio in atto” contro la popolazione Palestinese. In tutto quel tempo, la comunità internazionale non è riuscita a raggiungere un cessate il fuoco tra i vari belligeranti coinvolti in questa guerra a Gaza e in Libano, nonostante ci sia una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che lo richiede.
A Gaza, sono stati uccisi più di 40.000 Palestinesi; centinaia di migliaia sono stati feriti e resi disabili per tutta la vita; migliaia sono stati forzati a lasciare non solo le loro case, ma anche il loro paese. Giornalisti, personale medico ed umanitario ed impiegati dell’ONU hanno pagato con la loro vita il loro coinvolgimento professionale e umanitario. Gli ostaggi Israeliani sono ancora detenuti in Gaza senza che si sia trovata una soluzione diplomatica. Al contrario, loro sono doppiamente vittimizzati sia dai loro rapitori che dal Governo Israeliano, il quale ha sfruttato la loro situazione per farsi propaganda in tutto il mondo mentre ha continuato i suoi spietati assalti a Gaza, uccidendo quelli che erano riusciti a scappare, e sistematicamente ignorando le loro famiglie che invocavano un cessate il fuoco per riportare a casa i loro cari.
Noi piangiamo tutte le vittime civili e i sopravvissuti a tutti gli attacchi degli ultimi 365 giorni, e quelli sopravvissuti ai giorni, i mesi e gli anni precedenti. Piangiamo per le loro famiglie. È già passato da un pezzo il tempo per arrivare a fermare le uccisioni e permettere alle comunità distrutte di cominciare a ricostruire la loro vita.
Non c’è Pace Senza Giustizia (NPSG) chiede una immediata cessazione del fuoco e una fine alla violenza che sta devastando il Medio Oriente, e giustizia e responsabilità per gli enormi attacchi sistematici contro i civili, e le innumerevoli violazioni del diritto internazionale. Noi esortiamo Israele a prestare ascolto alle richieste del mondo, includendo i loro più vicini alleati, per la piena ed immediata implementazione della Risoluzione 2735/2024 Del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
L’impunità alimenta la violenza. Le atrocità commesse non sono solo il risultato di capi che cercano di mantenere il potere attraverso continui cicli di violenza: sono dovute anche all’occupazione militare della Palestina da parte di Israele ed al rifiuto di riconoscere il diritto dei Palestinesi alla propria autodeterminazione.
Sollecitiamo la Corte Penale Internazionale (CPI) ad agire senza ulteriori ritardi nel raggiungere una risoluzione per quanto riguarda emettere o non precedenti richieste di mandati di arresto, affinchè la loro procrastinazione non sia un’ulteriore conferma che la violenza e l’intimidazione, anche nei confronti di istituzioni internazionali come la CPI, l’OHCHR, e le Procedure Speciali dell’ONU, dovrebbero essere premiate, mentre la continua impunità incoraggia coloro che violano i diritti civili. Invitiamo inoltre tutti gli Stati, inclusi in particolare gli Stati Parte che hanno l’obbligo diretto di sostenere pienamente la CPI nell’adempimento del suo mandato, ad arrestare i latitanti ancora ricercati dalla giustizia, dimostrando così con azioni concrete che l’impunità non sarà più tollerata.
Non c’è pace senza giustizia. La complicità di membri della comunità internazionale con i crimini che vengono commessi giornalmente mina la costruzione di un sistema legale internazionale, proprio come il fallimento nell’intervenire sui crimini passati ci ha portato alla situazione attuale.
Esortiamo tutte le parti a cessare immediatamente le ostilità e a lavorare per un futuro costruito sulla responsabilità, sul rispetto dei diritti umani, sull’applicazione del diritto internazionale e sul rispetto del diritto della Popolazione Palestinese all’auto determinazione.
Solo ponendo fine all’occupazione militare israeliana della Palestina, all’impunità e garantendo giustizia possiamo sperare di interrompere il ciclo di violenza e creare le condizioni per una pace duratura in Medio Oriente.