Questa non è la prima volta che l’UA convoca un vertice con un obiettivo molto simile. L’UAsi è riunita dal 8 al 9 giugno 2009 a seguito dell’emissione da parte della CPI di un mandato di arresto contro il presidente sudanese Omar al – Bashir (il 4 marzo 2009). In quella occasione, a indire la convocazione fu il leader libico Muammar Gheddafi. Seguendo lo stesso iter, nel giugno 2009 l’UA aveva convocato gli Stati africani per discutere la loro posizione nei confronti della CPI e per realizzare un ritiro di massa (clicca qui per saperne di più). La conseguente decisione dell’UA ha ribadito l’impegno degli Stati africani membri della CPI verso lo Statuto di Roma e la lotta contro l’impunità. Da allora una serie di altri vertici dell’UA si sono conclusi con dichiarazioni negative nei confronti della Corte.
Dichiarazione di Alison Smith, Consigliere Legale di Non c’è Pace Senza Giustizia:
“Non c’è Pace Senza Giustizia e il Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito (PRNTT ) esortano i leader africani a riaffermare il loro impegno a sostenere la CPI e la lotta contro l’impunità nel corso del vertice straordinario dell’UA, opponendosi ad ogni risoluzione volta a minare la Corte attraverso una non collaborazione o il ritiro dal trattato istitutivo.
“La situazione delle vittime di violazioni dei diritti umani e di crimini di massa in Africa verrebbe dimenticata, se l’Unione Africana e i suoi Stati membri, in quanto corpo incaricato della loro protezione, decidessero di stare dalla parte dell’impunità. La revoca, o il rifiuto a cooperare con la CPI, violerebbe l’impegno dell’Africa a proteggere e promuovere i diritti umani e a lottare per la giustizia internazionale, come sancito dall’articolo 4 della legge costitutiva dell’UA.
“Per i detrattori africani della CPI che sostengono che la Corte sia prevenuta nei loro confronti, vogliamo sottolineare che gli Stati africani non sono i bersagli preferiti della CPI, bensì i suoi utenti principali. Come tali, essi non sono stati solo una forza trainante che ha svolto un ruolo cruciale nella creazione della CPI, ma gli Stati africani sono i più attivi nel riferire volontariamente alla Corte casi di violazioni di massa del diritto internazionale commessi sul loro territorio. La Repubblica Democratica del Congo, l’Uganda, la Repubblica Centrafricana, la Costa d’Avorio e il Mali hano ad esempio riconosciuto l’utilità del Tribunale.
“L’impunità per le violenze a sfondo politico è stata la norma in Kenya per troppo tempo e, finora, le autorità keniote hanno mancato di intraprendere qualsiasi processo di responsabilità nazionale per affrontare i crimini commessi durante la violenza post-elettorale che ha scosso il paese alla fine del 2007 e l’inizio del 2008. Sostenere il vergognoso e scandaloso tentativo da parte delle autorità del Kenya di proteggere i suoi dirigenti per essere stati chiamati a rispondere di crimini contro l’umanità sarebbe un insulto per le centinaia di migliaia di kenioti che, in quel frangente, hanno perso la vita o sono stati deportati. Il coinvolgimento della CPI è quindi della massima importanza per il Kenya per rompere il ciclo di impunità, per inviare un messaggio forte e inequivocabile che i crimini di massa a sfondo politico non saranno tollerati né premiati.
“Esortiamo i leader africani, in particolare i capi degli Stati che sono membri della CPI di dimostrare chiaramente il loro impegno per le vittime e di parlare con forza contro ogni tentativo di abbracciare l’impunità e di ripudiare il loro diritto alla giustizia, verità e risarcimento”.
Per ulteriori informazioni, contattare: Alison Smith all’indirizzo email asmith@npwj.org o al numero +32-2-548 3912 – Greta Barbone gbarbone@npwj.org o +32-486-533-920 – oppure Nicola Giovannini ngiovannini@npwj.org o +32-2-548-3915.