Bruxelles-Roma, 3 aprile 2021
Non c’è Pace Senza Giustizia (NPSG) accoglie con favore la decisione del governo statunitense di revocare l’ordine esecutivo che imponeva sanzioni contro i funzionari della Corte penale internazionale (CPI). Queste misure senza precedenti, avallate dalla precedente amministrazione statunitense, rappresentavano un attacco vergognoso contro un’istituzione il cui mandato è quello di assicurare la giustizia e le riparazioni alle vittime dei peggiori crimini che riguardano l’intera umanità.
Nel giugno del 2020, l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva adottato un ordine che autorizzava sanzioni come la restrizione dei visti e il congelamento dei beni nei confronti del personale della CPI e dei suoi collaboratori. L’ordine sembrava essere una ritorsione all’allora potenziale autorizzazione di un’indagine sui presunti crimini di guerra commessi in Afghanistan dalle forze statunitensi e afgane, nonché sui presunti crimini di guerra e contro l’umanità commessi dai talebani. Questo passo oltraggioso è stato ulteriormente rafforzato nel settembre del 2020, quando l’allora Segretario di Stato Mike Pompeo ha annunciato nuove sanzioni contro Fatou Bensouda, procuratore della CPI, e Phakiso Mochochoko, direttore della Divisione Competenza, Complementarietà e Cooperazione dell’ufficio del procuratore.
In entrambe le occasioni, NPSG ha condannato fermamente queste azioni osservando che potrebbero anche costituire reati contro l’amministrazione della giustizia ai sensi dell’articolo 70 dello Statuto di Roma che possono e devono essere indagati e perseguiti davanti alla CPI. In particolare, queste azioni riguarderebbero “ritorsioni contro un funzionario della Corte a causa delle funzioni svolte da questo o da un altro funzionario” con l’obiettivo di “ostacolare [e] intimidire … un funzionario della Corte allo scopo di costringerlo […] a non svolgere, o a svolgere impropriamente, le sue funzioni”.
La revoca di queste misure da parte dell’amministrazione Biden sembra essere un passo positivo verso un rinnovato impegno degli Stati Uniti per la giustizia, lo stato di diritto e il multilateralismo. Attendiamo ora che gli Stati Uniti si impegnino in modo costruttivo con la CPI nella lotta contro l’impunità, anche per affrontare le loro preoccupazioni riguardo alle possibili azioni della corte. Speriamo inoltre che possano essere fatti ulteriori passi avanti per affrontare i danni già subiti a causa dell’imposizione di queste sanzioni, compreso l’effetto che esse hanno avuto sulla società civile che lavora per la giustizia e la documentazione dei crimini di guerra in vari luoghi, il cui lavoro è stato influenzato negativamente dall’ordine esecutivo e dalle sanzioni imposte in base a esso.
Per quanto riguarda la situazione in Afghanistan, il modo più semplice per evitare il controllo da parte della CPI è che gli stessi Stati Uniti indaghino se il loro personale sia stato coinvolto in questi crimini e perseguano gli eventuali responsabili. Questo è un obbligo per tutti gli stati secondo le leggi dei conflitti armati che si applicano indipendentemente dal fatto che uno stato abbia aderito o meno allo Statuto di Roma. Gli Stati Uniti dovrebbero tener fede a questo obbligo.
Per ulteriori informazioni, contattare Alison Smith, Direttore della Giustizia Internazionale, su asmith@npwj.org o Nicola Giovannini, Coordinatore Stampa e Affari Pubblici, su ngiovannini@npwj.org.