A fronte di una crisi che dura da dieci mesi, è ormai evidente che gli equilibri geopolitici ed i principi di realpolitik non possono più avere la precedenza su democrazia e rispetto dei diritti umani. Dall’inizio delle proteste nel marzo 2011, la Siria è stata teatro di massicce violazioni dei diritti umani ad opera dell’esercito nazionale e delle forze di sicurezza: da quel momento, violenti crimini contro l’umanità hanno travolto le città ed i villaggi siriani. Mentre il regime continua a reprimere brutalmente i suoi cittadini, la comunità internazionale diviene sempre più consapevole che l’ondata di cambiamento non può più essere arrestata e che le richieste fondamentali espresse dalla Primavera Araba – innescatasi un anno fa in Tunisia – devono essere sostenute e difese anche a Damasco.
La Commissione Internazionale di Inchiesta sulla Siria ha documentato una serie di violazioni, tra cui esecuzioni sommarie, arresti arbitrari, sparizioni forzate, torture, stupri ed altre forme di violenza sessuale, nonché violazioni dei diritti dei minori. Il Rapporto delle Nazioni Unite, basato sulle deposizioni di 223 vittime e testimoni, documenta con chiarezza come l’apparato di sicurezza siriano abbia commesso crimini contro l’umanità nella brutale repressione delle dimostrazioni pacifiche dei civili contro il regime di Assad.
Nonostante i ripetuti appelli di organizzazioni locali ed internazionali al governo di Assad perché ponga fine al violento pugno di ferro contro gli attivisti, la causa della pace e della sicurezza non è stata ancora perorata con efficacia. Ad oggi la violenta repressione siriana e le continue violazioni dei diritti e delle libertà fondamentali hanno prodotto, secondo le Nazioni Unite, migliaia di rifugiati, di detenuti politici e più di duemila morti. Le promesse di collaborazione e di interruzione delle massicce violazioni di diritti umani, mai mantenute dal regime siriano, sono state evidentemente pronunciate al solo fine di ritardare ed impedire alla comunità internazionale di prendere essa stessa le misure necessarie ad arrestare le violenze. Nonostante le innumerevoli richieste – provenienti dalle Nazioni Unite, dall’Unione Europea, dalla Lega Araba e da diversi Paesi occidentali e del Medio Oriente – il presidente siriano Bashar al-Assad si è sottratto ad ogni possibilità di dialogo e non ha concesso le riforme democratiche promesse.
La comunità internazionale ha un ruolo determinante negli sviluppi della crisi siriana a causa delle profonde divisioni che corrono tra gli attori internazionali, come dimostrato dal doppio veto posto da Russia e Cina alle risoluzioni votate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, proposte nell’ottobre 2011 e sabato 5 febbraio 2012, di supporto all’iniziativa promossa dalla Lega Araba affinché il leader siriano si dimetta e si possa quindi dare inizio ad un serio processo di transizione verso la democrazia.
Opponendosi ad una risoluzione legalmente vincolante del Consiglio di Sicurezza ONU che condanni fermamente ed inequivocabilmente la violenta repressione governativa e le violazioni dei diritti umani in Siria, Russia e Cina si assumono la responsabilità morale e politica per lo spargimento di sangue ancora in corso. Anziché ascoltare gli appelli del popolo siriano perché siano rispettati diritti umani, libertà fondamentali e perché sia messo in atto un processo politico che renda possibile, per la prima volta nella storia, la concreta realizzazione di valori democratici, istituzioni liberali ed un governo libero all’interno dei confini della moderna Siria, questi Paesi danno la loro approvazione alla licenza di uccidere impunemente del regime di Bashar al-Assad.
Le rivoluzioni democratiche e popolari che si sono propagate in Medio Oriente e Nord Africa, infatti, hanno profondamente mutato il panorama politico della regione, che non può più essere tenuta in ostaggio da attori esterni impegnati a giocare una pericolosa partita a scacchi alle spese delle popolazioni locali. Il futuro della Siria deve essere determinato dagli stessi uomini e donne che per anni hanno affrontato con coraggio le persecuzioni e le incarcerazioni perpetrate dal regime di Assad, e che oggi vengono uccisi per le strade e le piazze di Damasco mentre la comunità internazionale decide cosa fare.
Nella speranza che la comunità internazionale sia presto in grado di mettere da parte interessi nazionali e calcoli geopolitici per poter, quindi, superare l’attuale fallimento diplomatico e far valere la sua responsabilità nella protezione della popolazione civile in Siria, singoli Paesi ed attori regionali come l’Unione Europea dovrebbero immediatamente adottare tutte le misure necessarie ad esercitare pressione sul regime siriano ed imporre la fine della brutale repressione, anche intensificando le sanzioni diplomatiche, economiche e finanziarie. Occorre che siano poi predisposti, accanto alla persecuzione dei crimini contro l’umanità, anche solidi ed efficaci meccanismi di accountability e monitoraggio delle violazioni dei diritti fondamentali così da permettere un completo processo politico di transizione verso la democrazia. A tal fine, all’Ufficio dell’Alto Commissariato Onu per i Diritti Umani (OHCHR) ed alla Commissione Internazionale di Inchiesta inviata dal Consiglio per i Diritti Umani, dovrebbe essere garantito libero ed autonomo accesso a tutte le aree del Paese in modo da permettere indagini obbiettive su tutte le presunte violenze.
La Siria rappresenta per la comunità internazionale un test cruciale per sostenere e dare nuovo vigore alla Primavera Araba. Se le violenze non cesseranno, se la dittatura non cadrà, e se gli uomini e le donne che stanno lottando e affrontando il volto brutale di un regime già minaccioso saranno dimenticati, allora la comunità internazionale avrà stabilito un tragico precedente in grado di mettere in pericolo non soltanto i recenti traguardi della democrazia in Tunisia ed Egitto, dove decenni di dittatura e terrore sono stati spazzati via dalle massicce manifestazioni popolari, ma anche la sua stessa capacità di mettere in piedi, proteggere ed espandere quei principi democratici che sono custoditi nei Trattati e nelle Convenzioni internazionali.
* Gianluca Eramo è il Coordinatore del programma per la Democrazia nella regione MENA e Responsabile dell’ufficio di New York di NPSG