Il 24 Gennaio 2013, Non C’è Pace Senza Giustizia ha ospitato una tavola rotonda con Mustafa Haid, attivista per i diritti umani operante in Beirut e fondatore di “Dawlaty”, una innovativa organizzazione siriana che cerca di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della giustizia di transizione come una alternativa alle vendetta personale in quanto mezzo di riparazione per le violenze subite. L’intervento è stato organizzato nell’ambito di una serie di seminari intitolati Brown Bag Lunch, lezioni mensili tenute da relatori di primo piano ed esperti di diritti umani e questioni politiche rilevanti per il lavoro condotto da NPSG.
Haid ha illustrato come lo stato siriano sia percepito come una struttura intimidatoria, una istituzione di controllo, di fronte alla quale gli individui sono costretti a soccombere. Dawlaty, che significa “il mio stato”, cerca di recuperare la nozione di stato per i cittadini. Dawlaty promuove una visione alternativa di stato, nella quale le differenze individuali sono accolte e rispettate e dove c’è spazio per il confronto e il dibatitto politico. Dawlaty utilizza come strumenti di promozione e insegnamento materiali audiovisivi e testi, come cartoni animati, video, poster e graffiti, al fine di raggiungere e coinvolgere tutti i cittadini, inclusi coloro che vivono in zone belliche, dove l’accesso all’eletricità ed ad internet è limitato.
Dawlaty ha recentemente promosso un progetto di giustizia di transizione in Siria. Una serie di filmati “provocatori”, tutti profondamente radicati nella cultura siriana e nella brutalità della guerra civile, cercano di introdurre nel pubblico il concetto di giustizia di transizione. I film incoraggiano la denuncia delle violazioni dei diritti umani e i meccanismi della giustizia di transizione come: processi, commissioni per la ricerca della verità, riparazione e riforme istituzionali. In particolare, questi cercano di superare lo scetticismo verso l’efficacia di questi strumenti e vogliono promuovere la giustizia di transizione nella speranza di minimizzare la tendenza verso la vendetta personale, in favore di un sistema di accertamento delle responsabilità, lo stato di diritto, valori civili e di giustizia.
In conclusione della sua presentazione, Haid ha descritto le principali sfide che Dawlaty sta incontrando. La guerra in corso, l’aumento del numero delle vittime, le condizioni atroci e le continue violazioni dei diritti umani hanno creato dubbi sui risultati effettivi che la giustizia di transizione può raggiungere. Dall’altro lato, però, è proprio questa situazione di immensa sofferenza e abusi che rendono gli sforzi per la promozione di un processo non violento di accertamento delle responsabilità, una misura essenziale. Dawlaty si sta preparando per il “giorno dopo” la guerra civile, anche se il suo approccio creativo può sembrare troppo innovativo, questo è al servizio di un oggetto di fondamentale importanza: offrire ai cittadini gli strumenti necessari per affrontare la transizione verso la giustizia, l’accertamento delle responsabilità e un futuro stato siriano fondato sui valori civili ed il diritto.
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