Un relatore speciale delle Nazioni Unite per porre fine all’impunità in Arabia Saudita

8 Apr, 2020 | Comunicati Stampa

Niccolo’ Figa-Talamanca, Segretario Generale di Non c’è Pace Senza Giustizia

Mentre il virus Covid19 si diffonde in tutto il mondo, facendo sì che i nostri paesi e le nostre comunità si chiudano su se stessi per affrontare questo flagello, non possiamo ignorare l’impunità con la quale alcuni stati continuano a infrangere i diritti e le libertà individuali fondamentali . Tra questi l’Arabia Saudita, che in veste di presidente del G20, ha convocato giovedì 26 marzo un vertice straordinario virtuale per coordinare gli sforzi nel rispondere alla pandemia e affrontarne le conseguenze economiche e sociali. È difficile non mettere in discussione la legittimità e la credibilità di questo paese nell’assumere un tale ruolo, alla luce delle politiche interne ed esterne perseguite dai suoi leader.

Non si può negare che il record dell’Arabia Saudita per quanto riguarda diritti umani, per la verità già non certo brillante, sia notevolmente peggiorato, in particolare in seguito alla designazione di Mohammed bin Salman (MbS) come principe ereditario nel 2017. Da allora, il regime ha sistematicamente messo a tacere qualsiasi dissidenza e si è distinto per un inquietante record di violazioni dei diritti umani, sia nei confronti di cittadini sauditi che di cittadini stranieri. Il fatto che le autorità saudite agiscano impunemente sotto gli occhi complici della comunità internazionale non può più essere tollerato. Un primo passo significativo in questa direzione sarebbe la nomina formale di un esperto indipendente delle Nazioni Unite per monitorare la situazione dei diritti umani nel Regno dell’Arabia Saudita, sotto forma di un relatore speciale.

La politica dello stato saudita continua ad avvalersi di pratiche inaccettabili quali tortura, esecuzioni e restrizioni dei diritti e delle libertà fondamentali: tra questi il diritto alla vita, la libertà di espressione e di opinione, la libertà di riunione e associazione, la libertà di credo e di movimento, i diritti delle donne, i diritti delle minoranze e dei lavoratori migranti, per non parlare dei presunti crimini di guerra perpetrati nello Yemen. Le autorità perseguitano persistentemente attivisti pacifici, etichettandoli come terroristi o agitatori e usando contro di loro le leggi antiterrorismo e di sicurezza. I sospetti subiscono spesso percosse per estorcere confessioni, si vedono negato l’accesso all’assistenza legale e alle visite familiari, sono soggetti a punizione corporale e rimangono in stato di detenzione preventiva per periodi eccessivamente prolungati, mentre qualsiasi richiesta di un’indagine equa su tali violazioni viene ignorata dalle autorità giudiziarie.

Occorre gettare una luce chiara sul vero volto dell’Arabia Saudita, al fine di sfruttare le circostanze attuali per creare un’opportunità di responsabilità e verità, come richiesto dal Relatore speciale delle Nazioni Unite sulle esecuzioni extragiudiziali, Agnes Callamard. L’avvicinarsi del G20 – che si terrà nel novembre 2020 nella capitale saudita di Riyad – potrebbe coincidere esattamente con questo momento. Nel tentativo di lucidare e smussare la sua immagine internazionale, il Regno dell’Arabia Saudita ha adottato misure cosiddette progressiste, in particolare riformando parte delle leggi che limitano i diritti delle donne. Tuttavia, questa operazione di camuffamento come preludio al G20 non compensa in alcun modo anni di persecuzioni e violazioni dei diritti umani, né significa che le autorità saudite abbiano davvero cambiato volto. Il G20, d’altra parte, offre l’opportunità di evidenziare le politiche inaccettabili delle autorità saudite e di ricordare alla comunità internazionale le proprie responsabilità, rifiutando di tollerare sistematiche violazioni dei diritti umani commesse dal Regno.

A questo proposito, una prima risposta in questa direzione sarebbe la nomina di un Relatore Speciale delle Nazioni Unite (RSNU) sull’Arabia Saudita, che potrebbe monitorare costantemente ciò che sta accadendo nel paese, compilare informazioni credibili su violazioni in atto, interagire con i governi e le organizzazioni della società civile e attuare campagne di sensibilizzazione. Tra le molte azioni che un relatore speciale può intraprendere, oltre alle comunicazioni con gli Stati e altri attori su accuse di abusi o violazioni, vi è la ricezione e valutazione di reclami o denunce da parte di privati cittadini su questioni relative ai diritti umani, se previsto dal mandato. Questa possibilità costituirebbe un passo fondamentale nel fornire alle vittime l’opportunità di essere ascoltate e di dare seguito alle loro testimonianze. Relatori speciali sono già stati istituiti per vari paesi, come i Territori palestinesi occupati, la Corea del Nord e l’Iran. Il fatto che un tale mandato non sia stato ancora creato per l’Arabia Saudita dimostra in modo lampante l’impunità profondamente radicata di cui godono le autorità di quello stato.

L’indipendenza e la trasparenza di un RSNU invierebbero alle autorità saudite il chiaro segnale che la loro impunità non può durare per sempre. Ciò potrebbe facilitare il dialogo e l’interazione con il governo saudita, che finora è mancato. Questo meccanismo potrebbe incoraggiare i difensori dei diritti umani e la società civile a continuare il loro lavoro, fornendo una piattaforma sicura per esprimere le loro preoccupazioni e trasmettere le loro richieste di giustizia e riparazione. Le autorità saudite sarebbero così costrette ad adempiere ai loro obblighi in quanto membri delle Nazioni Unite e potrebbero essere ritenute responsabili delle loro gravi e sistematiche violazioni. Infine, la creazione di un relatore speciale sull’Arabia Saudita invierebbe anche un messaggio potente ad altri governi che perpetuano un modello analogo di non conformità agli standard internazionali sui diritti umani.

Questa campagna per la creazione di un RSNU in Arabia Saudita è stata lanciata a Ginevra il 10 marzo 2020, durante una tavola rotonda convocata da Non c’è Pace Senza Giustizia (www.npwj.org). Questo articolo fa eco a una delle principali raccomandazioni formulate durante l’evento, tra cui la fidanzata di Jamal Khashoggi Hatice Cengiz e la Relatrice speciale delle Nazioni Unite sulle esecuzioni extragiudiziali, Agnes Callamard. NPSG è una ONG internazionale per la protezione e la promozione dei diritti umani, della democrazia, dello stato di diritto e della giustizia internazionale.