UPR/Tribunale per i Crimini Internazionali del Bangladesh: NPSG fa un appello per l’abolizione della pena di morte e per la rigorosa applicazione delle garanzie del giusto processo

19 Set, 2013 | Comunicati Stampa

Bruxelles-Roma, 19 Settembre 2013

 

Il 17 settembre 2013, la Divisione di Appello della Suprema Corte del Bangladesh ha emesso la sentenza di condanna a morte per Abdul Quader Mollah, un importante leader nel più grande partito islamico del Bangladesh, che era stato originariamente condannato all’ergastolo dal Tribunale per i Crimini Internazionali (International Crimes Tribunal – TPI) per crimini contro l’umanità commessi durante la guerra di indipendenza del Paese dal Pakistan, del 1971. Questa decisione è il risultato di un emendamento alla legge, da parte del Governo del Bangladesh, adottato dopo la condanna originale del signor Mollah, per consentire in maniera retroattiva un appello penale per chiedere l’applicazione della pena di morte.
Questo controverso giudizio è l’ultimo di una serie di decisioni di quest’anno, che hanno scatenato grave violenza in tutto il Paese e che hanno sollevato forti preoccupazioni della comunità internazionale circa la violazione del diritto ad un equo processo. Domani, nel quadro della sua 24ma sessione ordinaria, il Consilio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite approverà a Ginevra gli esiti della Revisione Periodica Universale (Universal Periodic Review – UPR) per il Bangladesh, fornendo al Consiglio, e a chiunque altro, la possibilità di sollecitare il Paese a rispettare i propri obblighi derivanti dal diritto internazionale.

Dichiarazione di Alison Smith, Consigliere Legale di Non c’è Pace Senza Giustizia:

“Non c’è Pace Senza Giustizia (NPSG) e il Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito (PRNTT) continuano ad essere profondamente preoccupati per l’attuale fallimento delle autorità giudiziarie del Bangladesh nel sostenere i diritti al giusto processo e garantire processi equi nell’individuazione di crimini di diritto internazionale. Questa ultima “farsa” nel consentire l’applicazione di una pena più severa appanna la credibilità degli sforzi fatti nell’individuazione delle responsabilità per affrontare le atrocità di massa commesse durante il conflitto di nove mesi nel 1971, da cui il Bangladesh è traumaticamente emerso come uno Stato indipendente, che continuano a tormentare il Paese.

“La sentenza di condanna a morte contro Abdul Qader Mollah si basa sull’applicazione retroattiva della legislazione che è stata appunto emendata dopo che questo processo si era concluso e non è soggetta ad appello. Questi due elementi pongono il Bangladesh in palese violazione delle convenzioni internazionali, compresa la Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici, di cui è uno Stato parte. Purtroppo, questa sentenza è solo l’ultima di una serie di ripetute gravi violazioni delle norme internazionali sui diritti umani e sugli standard internazionali di procedura, correttezza e trasparenza, e ciò mina fortemente i processi condotti dal Tribunale per i Crimini Internazionali (ICT) del Bangladesh
“Il ICT, che ha iniziato il suo lavoro nel marzo del 2010, avrebbe potuto costituire una storica opportunità per fornire riconoscimento e riparazione adeguati alle innumerevoli vittime e per consentire al Paese di andare avanti rispetto al pesante e vecchio fardello dell’impunità. Tuttavia, concentrando le proprie indagini sulla attuale leadership dei partiti politici di opposizione per il ruolo svolto nel corso del conflitto e comminando la pena di morte contro diverse persone nei processi condotti, il ICT ha inevitabilmente rafforzato le istanze di coloro che rifiutano tale giurisdizione, nell’impacciato tentativo di effettuare un esercizio giudiziario al contempo ingiusto e politicamente motivato da vendetta, con il pretesto della lotta contro l’impunità.

“La posizione del Bangladesh, che ignora in maniera consistente le legittime preoccupazioni e le persistenti richieste della comunità internazionale, tra cui anche le decisioni ufficiali da parte degli organismi delle Nazioni Unite, rafforza i tentativi revisionisti di coloro che si ostinano a negare i crimini e denigrare le vittime, e ostacolano le possibilità di attuare tentativi significativi di riconciliazione nel Paese. Il giorno di approvazione del rapporto della Revisione Periodica Universale (UPR) del Bangladesh da parte del Consilio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, sollecitiamo la comunità internazionale affinché adotti misure concrete per garantire che il Bangladesh sia conforme agli obblighi internazionali sui diritti umani e agli altri obblighi del trattato. Questo include l’immediata e categorica esclusione della pena di morte per le persone accusate dal ICT e la piena applicazione di tutte le garanzie del giusto processo, secondo i più alti standard internazionali.”

 

Per maggiori informazioni, contattare Alison Smith all’email asmith@npwj.org o al numero di telefono +32-2-548 39 12 oppure Nicola Giovannini all’email ngiovannini@npwj.org o al numero di telefono +32-2-548-3915.