Non c’è Pace Senza Giustizia celebra i primi 30 anni festeggiando le conquiste e fissando gli obiettivi del futuro

22 Mag, 2024 | Dicono di noi

Niccolò Figà-Talamanca, The Post Internazionale, 22 maggio 2024

Il 20 maggio il procuratore della Corte penale internazionale Karim Khan ha inviato la richiesta ai giudici per i primi cinque mandati di arresto, per crimini di guerra e contro l’umanità in merito alla situazione in Palestina: tre per i rappresentanti di Hamas, per atti commessi almeno dal 7 ottobre 2023, due per rappresentanti dello Stato di Israele per atti commessi almeno dall’8 ottobre 2023.

“Confidiamo che l’Ufficio del Procuratore mantenga il proprio impegno nel proseguire le indagini indipendenti sui crimini sotto la sua giurisdizione commessi a partire dal primo deferimento avvenuto il 13 giugno 2014” ha dichiarato la presidente di Non c’è pace senza giustizia “È preoccupante che l’apparente inazione della Cpi possa aver contribuito alle dinamiche politiche di impunità, soffocando le voci a favore della giustizia e della responsabilità sia nella società israeliana che in quella palestinese”.

La richiesta dei mandati d’arresto è arrivata a due giorni dai festeggiamenti per i 30 anni di Non c’è pace senza giustizia – o No Peace Without Justice come siamo conosciuti nel mondo – che abbiamo tenuto al Campidoglio il 18 maggio scorso. Nella primavera del 1994 una campagna del Partito Radicale, che Marco Pannella ricordava come necessaria per creare il “primo segmento di una giurisdizione internazionale” e che aveva accompagnato con marce, scioperi della fame e attività istituzionali la creazione dei due tribunali ad hoc per l’ex Jugoslavia e il Ruanda, diventava una organizzazione autonoma co-fondata dal leader radicale ed Emma Bonino. Voglio ricordare Marino Busdachin, il primo segretario scomparso l’anno scorso e il senatore Sergio Stanzani che l’ha presieduta per anni.

A Roma ci hanno raggiunto oltre 100 persone e una quarantina hanno preso la parola, tra quesi leader indigeno dell’Amazzonia Chief Raoni, la ex-presidente della Corte Penale Internazionale Silvia Fernandez de Gurmendi, gli ex giudici Mauro Politi e Flavia Lattanzi, l’attuale vice-presidente e giudice italiano Rosario Aitala, e la vice Procuratore Nazhat Khan,  gli special rapporteur dell’Onu Francesca Albanese (Palestina) e Richard Bennett (Afghanistan); il vice ministro della giustizia della Sierra Leone Alpha Sesay e Hatice Cengiz, vedova del giornalista saudita Jamal Khashoggi brutalmente assassinato nel consolato del suo paese a Istanbul nel 2018. Oltre che decine di persone da sempre mobilitate per il rispetto dei diritti umani come Bonino stessa, la senegalese Khady Koita, Barbara Ibrahim, l’afgano Nader Nadery, il libico Nasser Algheitta, l’ugandese Victor Ochen e i professori David Donat-Cattin e Salvatore Zappalà

Il culmine dell’efficacia dell’azione di Non c’è pace senza giustizia, unanimemente riconosciuto da chi era a Roma il 18 maggio, si è avuto quando alla Conferenza diplomatica sullo Stato in quanto Commissarie europea quando, tra le altre cose, fornimmo una 40ina di esperti a 10 delegazioni di paesi in via di sviluppo per seguire i negoziati. Quella sinergia tra ONG istituzioni e politica fu fondamentale per conquistare il miglior statuto possibile in quella congiuntura politica. Di lì a pochi mesi infatti sarebbero arrivati George Bush a sconfessare la non belligeranza negoziale di Bill Clinton, Vladimir Putin e l’11 di settembre del 2001.

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