CPI: il Sudafrica delude le vittime del Darfur

Bruxelles – Roma, 15 giugno 2015

 

Il presidente del Sudan Omar al-Bashir, che è sotto mandato d’arresto da parte della Corte Penale Internazionale per crimini contro l’umanità e genocidio, oggi ha lasciato il Sudafrica, dove stava partecipando al summit dell’Unione Africana. Il Sudafrica è uno stato membro dello Statuto di Roma (istitutivo della Corte Penale Internazionale) ed è soggetto all’obbligo giuridico di eseguire tutti gli ordini e le decisioni della CPI, compreso il mandato d’arresto. Il presidente Al-Bashir è fuggito dal Paese mentre la sua più alta corte costituzionale stava valutando un'istanza urgente presentata dal Centro dei ricorsi dell'Africa meridionale (Southern African Litigation Centre), un gruppo di difesa dei diritti umani, affinchè fosse arrestato e reso alla CPI.
  
Dichiarazione di Alison Smith, Direttrice del Programma di Giustizia Penale Internazionale di Non c’è Pace Senza Giustizia:
 
“Gli eventi di oggi in Sudafrica non sono ciò che ci aspettiamo da un Paese che così recentemente è stato rifondato sulla base della libertà e dei diritti umani per tutti. In parole povere, le autorità sudafricane hanno permesso al Presidente Al-Bashir di evadere la giustizia, non solo fallendo nell’adempiere i propri obblighi di diritto internazionale, ma anche trasgredendo un ordine della propia stessa corte costituzionale, la quale richiedeva che al presidente Al-Bashir fosse impedito di lasciare il Paese.
 
“Ancor peggio, solo pochi minuti prima che le autorità sudafricane annunciassero che il presidente Al-Bashir era fuggito, la corte costituzionale aveva deciso che le stesse autorià avrebbero dovuto arrestarlo anche senza un mandato, essendo pendente la richiesta formale di resa da parte della CPI. La corte costituzionale aveva inoltre statuito che il fallimento del Sudafrica nell’arrestare il Presidente era contrario alla stessa costituzione sudafricana.   
 
“Molto dipende dal fatto che la CPI necessita della volontà politica degli stati membri di supportare il suo lavoro ed eseguire le sue decisioni. Questo è decisamente evidente in ciò che è accaduto oggi. Inoltre, la CPI ha bisogno che lo stato di diritto prevalga nei propri Paesi membri, in modo da assicurare che – anche nell’assenza di una volontà politica – gli stati membri almeno onorino le sue regole e i suo requisiti. Questo episodio mostra che, in assenza di un reale impegno ad onorare lo stato di diritto, persino le corti nazionali non possono fare affidamento sul fatto che le proprie decisioni vengano eseguite dalle autorità.
 
“Noi encomiamo il South African Litigation Centre per aver portato avanti questa petizione. Essa costituisce davvero un esempio di ciò che noi cittadini ordinari possiamo fare per cercare di far sì che i nostri govrni rispettino i propri impegni internazionali. Allo stesso modo encomiamo il sistema giudiziario sudafricano: non dovrebbe essere degno di nota il fatto che giudici e avvocati difendano la legge, ma farlo di fronte a un’opposizione politica quasi soverchiante è un atto di coraggio. Magari le autorità sudafricane avessero la stessa integrità della propria popolazione di fronte a questo triste stato dei fatti. Se davvero non volevano arrestare il Presidente Al-Bashir, semplicemente non avrebbero dovuto invitarlo.
 
“Anche se vediamo e ci rammarichiamo per il degrado dello stato di diritto, non dobbiamo mai perdere di vista il fatto che coloro che davvero perdono qui sono le vittime del Darfur. Ancora una volta, sono state messe da parte nell’interesse dei politici, i loro diritti sono stati ignorati e le loro difficoltà dimenticate. Supportare i loro oppressori disonora la storia del Sudafrica e le vittime del regime dell’apartheid, molte delle quali sono morte lottando leaders spietati e un sistema brutale nella speranza di un mondo migliore per tutti.”

 
 
Per maggiori informazioni, contattare Alison Smith (asmith@npwj.org o +32 (0)2 548 39 12) oppure  Nicola Giovannini, Press & Public Affairs Coordinator (ngiovannini@npwj.org o +32-2-548-3915).